Circolo dei Libri

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Caro Michele

12febbraio
2021

Natalia Ginzburg

Einaudi

Michele sta a Londra, è un giovane che alla fine degli anni '60 se ne è fuggito via dall'Italia perché un po' compromesso in moti politici di estrema sinistra (sono anni agitati, quelli) ma forse anche per qualche altro motivo privato. A lui sono indirizzate dall'Italia moltissime lettere, ad alcune lui anche risponde ma in generale la geografia epistolare di questa corrispondenza rivela un collettivo paesaggio familiare e psicologico complesso, aggrovigliato, pasticciato e sofferto: i vari interlocutori si scrivono anche tra di loro, non soltanto a Michele. È nel 1973 che Natalia Ginzburg pubblica questo romanzo "epistolare misto" (che avrà un grande successo), "misto" perché le moltissime lettere dei vari personaggi sono inframmezzate da brandelli di narrazione in terza persona, quasi a cucire con raccordi neutrali di racconto l'altro racconto, più emotivo, delle lettere. Questa commistione permette infatti all'ingegno della Ginzburg di alternare una asciuttezza attenta (accurata nei dettagli, in un suo originale realismo) con la gergalità personale, mutevole e istintiva delle missive. A dispetto del titolo, a guardar bene Michele non è nemmeno il protagonista davvero principale del romanzo. Lui è là, non si sa bene come e dove di preciso, a Londra, e riceve i vettori congiunti di una ragnatela di storie personali fuori da lui, anche se a lui legate. Innanzitutto c'è la madre Adriana, che nelle lettere cerca di supplire a quello che appare come un manco di amor materno costante e fluido, quasi una anaffettività evocata dai guai propri della donna, separata dal padre di Michele e custode malinconica di un perduto amore, confinata in una solitudine un po' egoistica e un po' lamentosa: le lettere a Michele sono per dire a lui che lei c'è ma soprattutto per dirlo a se stessa. Ci sono poi le sorelle di Michele, Viola, e soprattutto Angelica, la quale gli vuol bene, si capisce, ma ha anche lei tutte le sue grane affettive. C'è Mara, giovane ragazza un po' stordita e semplice, che con Michele aveva avuto una relazione e forse è proprio Michele ad averla messa incinta e in ogni caso il bambino è nato e ora c'è e probabilmente è figlio di Michele. C'e anche Osvaldo, un caro amico del "caro Michele", forse anche qualcosa più di un amico (magari solo a livello inconscio) e c'è Ada, la efficiente e pratica sua moglie separata. Ai bordi c'è anche zia Matilda, ci sono altri, pochi comprimari. Per il resto il romanzo sembra una scena teatrale, pur con tutte le distanze della geografia: un "gruppo di famiglia in un esterno", ecco. Le lettere colmano una lontananza spaziale ma soprattutto ne colmano una interiore: il romanzo è una storia di lontananze psicologiche, di fatiche sentimentali, di una incomunicabilità affettiva. E' una borghesia piccola e grigia, piegata su se stessa, quella messa in scena dalla Ginzburg, la quale dentro il fondale dell'avvio dei cosiddetti anni di piombo scrive nervature molto private, nodi psicologici, risentimenti, blocchi affettivi. Le lettere sono messaggi in bottiglia buttati in mare e non si sa quali e quanti di essi arriveranno a destinazione vera. Nell'amarezza di una quotidianità difficile (con l'esito poi anche un po' drammatico della trama) c'è il trasalimento di qualche fiotto buono, soprattutto nel riverbero di pochi brandelli di felicità ormai passata e recuperata dalla memoria, che tuttavia è una consolazione avara, come scrive la Ginzburg: "la strana, gelida e desolata consolazione della memoria". È un classico della narrativa italiana del "˜900, questo "caro Michele", romanzo epistolare misto. Una decina d'anni dopo verrà un secondo romanzo, questa volta completamente epistolare, a dire la costanza ma anche l'evoluzione narrativa di Natalia Ginzburg: "La città e la casa".