Circolo dei Libri

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13settembre
2019

Fernando Aramburu

Guanda

Chi ha amato "Patria", dello scrittore spagnolo (e basco) Fernando Aramburu (Guanda) corra fiducioso a leggere i racconti, appena usciti dallo stesso editore con il titolo "Dopo le fiamme". Non si tratta della continuazione del romanzo (non ci sono più gli stessi personaggi) ma in un certo senso questi racconti sono la prosecuzione in forma morale di quella stupefacente storia di sentimenti privati e tremendo sfondo civile. "Patria" era uscito nel 2016 in Spagna, diventando subito un successo internazionale. I lettori erano stati conquistati e trascinati in una storia vivida di persone alle prese con le speranze, i rovesci, la normalità quotidiana, le impennate del destino e di una drammatica tensione. I protagonisti di quel romanzo erano i membri di due famiglie, in terra basca, dagli anni Ottanta in avanti. La lotta indipendentista del separatismo si incarnava anche nella violenza del terrorismo dell'ETA e la lama dell'ideologia e dell'assolutismo aveva tagliato il tessuto buono di una pacifica quotidianità comunitaria. Adesso, in questi racconti, Fernando Aramburu si sposta di appena pochi anni in avanti, quando l'ETA ha deposto le armi e la terra basca comincia un cammino di pacificazione, seppure fra i segni dolorosi di ferite aperte. E' di queste cicatrici postume che lo scrittore parla, con una narrazione sensibilissima, accesa di compassione per destini privati che sono stati sconvolti per sempre. Diciamo che Aramburu adesso lavora sul "dopo", mentre nel romanzo aveva lavorato sul "mentre". E compie un'operazione narrativa che costituisce anche una missione morale. Perché infatti è facile lo sgomento, è facile il raccapriccio quando esplodono una tragedia, una rabbia, nel fragore del botto e nello squarcio doloroso per morti ammazzati e feriti "freschi". Ma poi dopo, nel tempo che passa, cala il silenzio della dimenticanza. Invece Aramburu va a socchiudere le porte di case dove il dolore, in dignitoso silenzio, pulsa ancora. Una ragazza rimasta ferita e invalida in un attentato viene riportata dopo mesi d'ospedale a casa da genitori che con lei si vedranno per sempre cambiata la vita; la madre di un ragazzo terrorista rinchiuso a lungo in un carcere lo va a trovare con il suo timido e trepido dolore ogni mese in prigione, per un colloquio breve e vigilato. La moglie di un poliziotto municipale assassinato dai terroristi subisce la pressione ostile della comunità basca che in un silenzioso rancore la vuole espellere. E poi, ancora, madri orbate di figli, figli orbati di padri, famiglie in cui il morso del dolore e del rimpianto ha lasciato una piaga la cui cicatrice non guarirà mai del tutto. Talvolta restano, a fare male, la coda di un rancore non sopito e il veleno vendicativo del sospetto. A poco a poco, nondimeno, una lenta pacificazione si fa strada, anche se non fa nessun sconto al dolore. Aramburu racconta storie private con partecipazione affettiva - compassionevole, s'è detto - e spesso con dolcezza partecipe. Delle pagine simili, oso dirlo, meriterebbe, proprio sul "dopo", una narrativa italiana che volesse tornare con questo sguardo morale sulla scia postuma dei terribili "anni di piombo".