Circolo dei Libri

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30aprile
2021

Cesare Pavese

Einaudi

C'è l'ombra irrequieta e dubbiosa di Cesare Pavese stesso nel suo romanzo forse più intenso e bello, "La casa in collina". Lo scrittore, che pur fu mandato a un certo punto dai fascisti al confino quale oppositore, non partecipò mai alla Resistenza, non ebbe mai armi in mano e clandestinità fuggiasca. Questa sua reticenza (renitenza?), questo suo stare al bordo (seppure maturando a poco a poco un giudizio netto a favore della parte "giusta" del conflitto) vengono riversati nella sensibilità tormentata e indecisa di Corrado, il protagonista del romanzo. Il quale si muove in una dicotomia continua, in una oscillazione di rifugi e di fughe, di tensioni e sentimenti, solitudine e massa, che ne fanno un giovane intellettuale a coscienza quasi binaria, un insegnante scontento della pochezza vaga del proprio lavoro ma soprattutto di se. La prima separazione è quella fra la città e le colline dove Corrado è pendolare e dove si rifugia mentre a Torino divampa la tempesta della guerra. Nelle notti buie d'estate i rifugiati sulle colline guardano giù verso la città che si incendia e geme sotto l'urto tremendo dei bombardamenti aerei. L'indomani, a rovine fumanti, scendono a guardare, a toccare da vicino i segni e i lutti di Torino ferita, e di nuovo risalgono a sera. Due mondi diversi: quello urbano della guerra, del lavoro, della sofferenza, della bolgia di gente e trame, della vita reale, da una parte; e dall'altra le colline rassicuranti e gravide di memoria antica d'infanzia e di mito, come un liquido amiotico, un rifugio e una fuga nello spazio ma anche nel tempo. Il respiro della natura è onnipresente, è il mistero della grande "madre terra" che relativizza e scaccia il rumore assordante della vita, delle passioni, della guerra, delle responsabilità vere. Il racconto di Pavese è trepido, dettagliato in una sua versione personale di neorealismo letterario intriso di natura onnipresente e di sguardi desiderosi e al tempo stesso alienati. La scrittura è nervosa, rapida, talvolta assorta, tesa a narrare l'inadeguatezza esistenziale e civile del personaggio. Il lettore segue Corrado nei suoi travagli interiori e al tempo stesso viene catturato dalla maestà misteriosa e avviluppante delle colline piemontesi: nella prima parte del romanzo esse sono quelle intorno a Torino, nella seconda parte (mentre infuria la guerra civile che vede opposti i nazifascisti ai partigiani) Corrado compie una tormentata migrazione a piedi, verso altre colline, quelle native delle Langhe, sua primigenia terra. La collina, sin dall'inizio del romanzo, per Corrado è un luogo-mondo, è un'isola d'altura dove si impastano la malinconia e la memoria d'infanzia. Di più: lassù Corrado reincontra Cate, una ragazza che lui aveva amato (forse) ma in modo egoistico e poi distaccato, e ora ritrova dopo una decina d'anni più donna e madre di un ragazzino, Dino, il quale potrebbe essere, chissà, persino figlio di lui. Su quelle colline, nei ritrovi serali attorno a una cascina, a una osteria, Corrado riprende sensazioni, trame di relazione, si imbatte in gente ruvida e solida, di radice contadina e di sangue ribelle (loro sì, al contrario di lui, sapranno scegliere un impegno vero: da qui un ennesimo contrasto, quello fra la solitudine dell'intellettuale e la concretezza dell'azione). Corrado osserva Cate e ne intuisce la femminilità nuova e cresciuta, si intenerisce sul ragazzo Dino, di cui egli potrebbe essere il padre, e così avvolge nei suoi tormentosi dubbi il desiderio d'amore alla donna e il desiderio di paternità. Amore e sterilità affettiva, paternità e impotenza a viverla, città sporca e collina miticamente pura, solitudine e compagnia, impegno civile e distacco dubbioso, coraggio e codardia, carnalità di esistenza reale e sublimazione nostalgica e refrattaria: ecco la continua dicotomia di Corrado nel quale Cesare Pavese, con una scrittura febbrile, ritmata e spesso sincopata, speziata di odori e luci di luoghi fra terra e cielo e intessuta di dialoghi secchi e di gesti scabri, travasa il suo tormento personale, intimo e civile al tempo stesso. Tutt'intorno respirano la natura e gli affanni, la guerra e la pace, la vita e la morte.