Circolo dei Libri

Per condividere con altri il gusto della lettura, che per principio è individuale ma poi può anche farsi compagnia.

10settembre
2016

Maurizio De Giovanni

Einaudi

Luigi Alfredo Ricciardi, occhi verdi e sempre tristi, introverso, tormentato dal male che l'uomo sa recare all'uomo, è commissario di polizia nella Napoli degli anni '30: è la riuscitissima invenzione narrativa di uno scrittore poliziesco di razza vera. Maurizio De Giovanni ha 59 anni , ha cominciato tardi a pubblicare, nel 2005 a 47 anni. Ma poi ha continuato a sfornare titoli (li aveva probabilmente nel cassetto). Lo pubblica Einaudi ed è già tradotto in Spagna, Germania, Inghilterra e Francia. Maurizio De Giovanni lavora addirittura su due filoni seriali. Il primo si situa al giorno d'oggi, con un gruppo di ispettori nuovi giunti a Napoli nel commissariato di Pizzofalcone per fare piazza pulita dopo la scoperta che i precedenti poliziotti non erano, appunto, molto puliti. E prendono ad indagare con piglio nuovo. Accanto alle inchieste si sdipanano anche storie sentimentali raccontate con bravura e finezza. La serie andrebbe letta dall'inizio, si comincia con "Il metodo del coccodrillo", che è del 2012. Il resto a seguire. Ma qui voglio parlare del filone a mio parere più felice, che è quello che vede all'opera il commissario Ricciardi. Siamo sempre dentro la polpa sontuosa della napoletanità. Sulle prime l'ambientazione negli anni '30 poteva spiazzare un po', anche se poi c'è un certo fascino nel frequentare un passato prossimo senza radio e televisione, pochi telefoni, poche automobili rudimentali, un mondo di appena ieri e già remoto. Il commissario Ricciardi come ogni indagatore letterario ha un suo "secondo" ("elementare Watson", ci intendiamo) e dunque lavora con il brigadiere Maione, uomo buono e fedele, un po' ferito dalla vita. E poi c'è anche Bambinella, un "femminiello" che conosce l'alfabeto segreto della Napoli profonda; e c'è il dottor Modo, medico legale dotato di ricchissima umanità e antifascista in tempi in cui non era facile esserlo. Il commissario possiede una vena preziosa: sa affondare la propria sensibilità dentro gli animi in cui si imbatte: "ha il dono", come è stato scritto, "di sentire il dolore, vedere i morti di morte violenta e ascoltare le loro ultime parole". Per godere questo intelligente filone narrativo seriale (si tratta di gialli, appunto: di buoni gialli), conviene cominciare anche qui dall'inizio: "Il senso del dolore, l'inverno del commissario Ricciardi" (Einaudi). Seguiranno le altre tre stagioni: "La condanna del sangue" (primavera), "Il posto di ognuno" (estate), "Il giorno dei morti" (autunno) e altre sei storie, sempre da Einaudi.Nelle narrazioni di De Giovanni si indaga sui delitti ma anche sulle piste misteriose dei cuori, dei sentimenti, delle seduzioni e delle passioni. In "Il senso del dolore" il commissario Ricciardi sta in scena due volte: c'è la scena dle romanzo e del delitto, infatti, che si staglia sui fondali reali della scena, sontuosa, del celebre Teatro San Carlo di Napoli. Lì dentro, addirittura, un tenore celeberrimo (il più bravo della sua epoca), un genio del bel canto ma umanamente egotico, viene trovato morto (ammazzato, naturalmente). Dentro e fuori la scena teatrale, in una Napoli invernale gelida e ventosa, resa in modo magistrale per tocchi brevi e intensi, Ricciardi trova conferma a una sua teoria: quella per cui ogni delitto risale sempre a due motivi: la fame o l'amore. O entrambi.