Circolo dei Libri

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25aprile
2019

Carlo Cassola

Mondadori

Pubblicato per la prima volta da Einaudi nel 1959, "Il taglio del bosco" (oggi in una nuova edizione Mondadori) è uno dei più celebri racconti lunghi di Carlo Cassola. La critica lo considera uno degli esiti più significativi della poetica tutta particolare dello scrittore toscano. Un uomo, Guglielmo, boscaiolo, rimasto appena vedovo con due bambine (accudite dalla sorella di lui) acquista per il taglio un pezzo di bosco, sulle pendici abbastanza selvagge della montagna che sta nel solito "triangolo" cassoliano di terra, in Maremma. Con un gruppetto di altri boscaioli trascorre cinque mesi lassù, tagliando alberi e poi accatastando con maestria la legna per i roghi lenti (giorni e giorni di combustione) che trasformeranno il legno in carbone. Gli uomini vivono in un capanno costruito da loro e patiscono anche, dopo la dolcezza autunnale, il gelo, la neve e le bufere dell'inverno. Il racconto narra i giorni, le veglie serali attorno al fuoco (il gioco delle carte, i racconti fantastici di un boscaiolo affabulatore, le malinconie per la lontananza dalle proprie case); e poi il lavoro, i gesti, il tempo che fa. Tutto con un minimalismo scarno e ridotto all'osso in una semplicità che parrebbe semplicistica e che poi invece dischiude una percezione sensibile della realtà, in presa diretta, con sguardo sobrio ma attento ai dettagli come in una minuziosa partitura di realismo. È la modalità stilistica di Carlo Cassola, che lo connotò profondamente quale scrittore unico e riconoscibile. Il fatto in più, decisivo, che dà colore umanissimo e pathos al racconto, sta nondimeno nel dolore discreto ma profondo di Guglielmo per la morte della moglie: una ferita che gli ha cambiato la vita, che gli fa percepire, nel bosco e nel capanno con i suoi ruvidi colleghi, la sua solitudine, nemmeno troppo consolata dalla consapevolezza di avere le due bimbe a casa (malinconico, depresso per la propria pena, non rientra nemmeno per Natale e rimane lassù assieme a un altro boscaiolo solitario, mentre gli altri si sobbarcano volentieri il lungo viaggio per il ritorno alleloro famiglie, seppure solo per due giorni). Questa pena per Rosa che è morta e non ci sarà mai più ha un accento autobiografico: Cassola rimase vedovo poco prima di scrivere quel racconto e sua moglie si chiamava proprio Rosa. Quel dolore profondo di Guglielmo pervade il racconto come un filo emotivo, uno struggimento. E investe il malinconico, bellissimo, commovente e triste finale, dove ancora non succede niente ma accade la presenza di quel dolore dell'anima. L'edizione oggi in circolazione ha il pregio di accostare a quel celebre titolo altri due racconti ("Rosa Gagliardi" e "Le amiche", molto bello soprattutto il primo), questa volta tutti al femminile, che si accostano al "Taglio del bosco" per una unità proprio nel segno della poetica cassoliana: piccoli tocchi di realismo piano, senza che nulla accada ma con tutte le nervature esistenziali (sentimenti, desideri, sguardi, minimi fatti, parole, luci di stagioni) che evocano la musica sommessa, quotidiana, della vita.