Circolo dei Libri

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03febbraio
2019

Isaac Bashevic Singer

Adelphi

Adelphi regala ai lettori di lingua italiana un romanzo corposo, di aspra vivezza drammatica, dovuto alla grandezza di Isaac Bashevis Singer (1904-1991). Pubblicato nel 1972, il romanzo viene ora tradotto per la prima volta in italiano. Isaac Singer, premio Nobel nel 1978, dalla Polonia nativa migrò trentenne negli U.S.A per sfuggire alla montante persecuzione antisemita. Isaac era figlio di un rabbino, scomparso prima della sua partenza dalla patria. Con lui erano giunti in America, in date diverse, anche il fratello Israel, morto più giovane e anch'egli scrittore di razza (da segnalare, fra i suoi titoli, il grande romanzo"La famiglia Karnowsky") e la sorella Esther, scrittrice pure lei. La madre e un altro fratello, rimasti in Polonia, furono invece deportati dai nazisti e morirono in un lager. Autore di grandi romanzi in yiddish (l'impasto linguistico degli ebrei dell'est europeo decimati dall'Olocausto), Israel Singer fu cantore accorato della scia di umanità resistente dopo la catastrofe della Shoa, e della memoria di un mondo travolto per sempre. Qui ecco un "romanzo d'amore", la storia di un uomo spaesato, inetto e inadeguato, scampato allo sterminio e riparato in America. La sua inadattabilità alla normalità e le sue ferite interiori ne fanno un assetato d'amore femminile, in un caotico miscuglio di generosità e di bugie, di incoscienza e di goffo disordine. Herman, il protagonista del romanzo, riecheggia ma soltanto in parte le vicissitudini sentimentali ed esistenziali dell'autore, con l'aggiunta delle cicatrici tremende della persecuzione nazista e della sofferta, rocambolesca salvezza (esperienza che Singer non visse ma percepì profondamente attraverso i testimoni reduci). Herman era riuscito a salvarsi restando nascosto in un fienile per due anni, accudito da una giovane serva polacca cattolica. Riuscirà poi a fuggire in America e là lo raggiungerà Jadwiga, la domestica che l'aveva salvato e che lui sposerà. Nel frattempo la moglie di Herman, Tamara, è stata uccisa in Polonia, dicono, dai nazisti. Scomparsa nel nulla, è davvero morta? A New York Herman non sa resistere al fascino di un'altra donna bella e esausta, Masha, scampata ai lager. Herman si dibatte fra amori complicati e bugie vischiose, si guadagna malamente da vivere scrivendo, senza crederci, sermoni edificanti per un ambiguo rabbino. Si arrabatta, corre da una donna all'altra, mente, capisce lui stesso di essere inaffidabile e inadeguato. E' un uomo ferito dalla vita e per lui la vita, o quel che ne resta, passa dall'attaccamento a delle donne che possano dargli un minimo calore per tirare avanti. Lo sfondo è quello di una New York livida, povera, gelida nell'inverno, nel crogiuolo di un Paese che, durante la guerra e nel primissimo dopoguerra, è diventato porto d'attracco di moltissime vite spezzate e salvate per un soffio, dentro il respiro della grande "libertà americana". "Nemici" racconta rapporti feriti e drammatiche incompatibilità. Ma, come dice il sottotitolo, è "una storia d'amore". Amore fortemente desiderato, almeno.