Circolo dei Libri

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24novembre
2013

Grazia Deledda

Mondadori, Garzanti e altri

L'intreccio è quello di una storia di amore, di memorie, di sensi di colpa e desiderio di amare ed essere amati, colti nel declino economico di una nobile famiglia nella campagna nuorese. Tre sorelle superstiti, le dame Pintor (Ruth, Ester, Noemi) sono nobildonne impoverite, fiere e tormentate. Il loro vecchio servo Efix, vero protagonista della storia, è custode del loro passato (e di un segreto) e del loro presente stento. C'è il ritorno del giovane "nipote prodigo" Giacinto, che fa vibrare lo sguardo e il cuore della ragazza adolescente Glixenda (con "le gambe lucide e dritte di cerbiatta. E di cerbiatta aveva anche gli occhi lunghi, umidi nel viso pallido di medaglia antica: un nastro rosso le attraversava il petto, da un lembo all'altro del corsettino aperto sulla camicia, sostenendole il seno acerbo"). Ci sono le sagre religiose ai santuari, dove la fede popolare si mescola alle bancarelle piene di gusti e al suono allegro e triste della fisarmonica. Lungo tutto il romanzo corre il filo di colpe passate e del desiderio di redenzione. E' un libro cristiano nel profondo, si può dire. Il senso religioso della storia si mescola con un più misterioso alone di sacro in cui spesso appaiono anche tracce di ancestrali superstizioni, notturne e magiche credenze, in una mescolanza che sembra annullare i secoli. Lo sviluppo della trama ha accenti dolenti da una parte ma anche rimandi di speranza e presenza del bene che contro ogni evidenza di male si fa strada, verso un epilogo non sfarzoso ma positivo. Si possono muovere appunti critici su una certa forzatura espressiva; ci sono tratti datati, anche se mai del tutto inefficaci. Ma in generale ci si accorge che il fascino perdurante di "Canne al veto" sta nell'insieme narrativo in cui prosa e lirica sembrano cercarsi e in cui il fuoco del romanzo sembra essere da una parte un paesaggio sontuoso e sempre denso di metafore (in una scena essenziale ridotta a sentieri sassosi, povere case, cortili, rovine di castelli e chiese) e dall'altra la forza di pochi personaggi portatori di destino: quasi un teatro greco dentro la Sardegna non ancora conquistata dal Novecento.