Circolo dei Libri

Per condividere con altri il gusto della lettura, che per principio è individuale ma poi può anche farsi compagnia.

01aprile
2013

Piero Chiara

Mondadori

Nella sua camera a Villa Cleofe, rimasta per sempre "la stanza del vescovo" (negli armadi penzolano sempre i suoi abiti violacei) dorme da ospite l'Io narrante del romanzo, proprietario del grande battello "La Tinca" con il quale da tempo naviga, costeggia, salpa e ormeggia sul lago Maggiore, alla ricerca non di tinche e coregoni ma di ragazze in fiore o tornite donne di mezza età da tentare con l'ebbrezza dei giri in barca. Ad aizzarlo in questa stagione della caccia muliebre per acqua è una nuova conoscenza, Temistocle Orimbelli (ecco un altro nome chiariano), marito di Cleofe Orimbelli Berlusconi (e dai) e cognato di una giovane vedova di guerra"… Fermi qui, il romanzo è anche un giallo, con i suoi misteri da risolvere, oltre che una storia di navigazione e seduzione. Chiara racconta, come in tutti gli altri suoi romanzi, una vicenda

affabulatrice e carnale, allusiva e sensuale, comica nei bozzetti, cupa e immalinconita nella vena mai sopita di una amarezza esistenziale che sa bene quanto siano meschini, patetici, peccatori, tentatori o malsani i personaggi della commedia umana. Quando esplose il successo di Chiara, subito saltarono fuori alcuni scrittori suoi concorrenti ma meno fortunati e alcuni occhiuti puristi della critica a pretendere che egli fosse un minore furbo della narrativa italiana. Se è così facile scrivere narrativa gustosa di successo, mi veniva di chiedere a loro, perché non provate a farlo anche voi? Dopodiché Piero Chiara non è tra i grandissimi del "˜900 (ma quanti sono, poi?) ma certamente è un grande scrittore del "˜900. Dunque, ai tempi di Chiara vivente me lo godetti nelle sue pagine saporite, tra il comico e il crepuscolare. Riletto oggi, dopo anni, devo dire che confermo la sua vena affabulatoria, ironica e ombrosa, sensuale, immaginosa. Qua e là la stoffa narrativa mostra una sua usura e il bozzettismo talvolta prende troppo la mano. Anche se è difficile resistere alla polposa descrizione della bella vedova Matilde: "Era una giovane donna prosperosa, bionda, pallida, con gli occhi grandi e innocenti, un po' flaccida all'apparenza, ma ben piantata sopra un torso a fuso dal quale prorompevano, sotto il velo di chiffon che la paludava, due seni da battaglia, a popone per colpa di un reggipetto mal sagomato, ma una volta liberi certamente a pera spadona, da tanto che s'impennavano quando alzava il busto per bere e per dar fiato ai polmoni". Queste ariose e maliziose descrizioni lasciavano talvolta spazio a qualche granulo di più pensosa contemplazione dell'agitarsi umano: "Sapevo per intuito, più che esperienza, che ogni gioco dei sentimenti nasconde sempre un dramma, lo prepara, quasi lo alleva tra allegre divagazioni e spensierate ebbrezze".