Circolo dei Libri

Per condividere con altri il gusto della lettura, che per principio è individuale ma poi può anche farsi compagnia.

17aprile
2010

Anna Gnesa

Ed. Armando Dadò

Nel 1974 Anna Gnesa, scrivendo parole di memoria e bellezza sulla sua valle Verzasca percorsa, scrutata e amata, affermava: " Se la musica ci illumina d'improvviso tratti della vita e il punto misterioso in cui il dolore diventa splendore, il canto delle campane - questo canto, da queste campane- fa sentire il significato della vita pastorale vissuta qui, per secoli. Vita umile, di fatiche, lo sappiamo; ma ogni azione ha avuto un valore unico, nulla è stato perduto. Mungere le vacche, raccogliere la legna, attingere l'acqua, rattoppare i panni, intridere il pane, tutto fu un modo di realizzazione secondo il destino, il mezzo d'una catarsi, e tutto è diventato il luminoso patrimonio di una gente". Anna Gnesa (appena riedito da Dadò il suo "Questa valle", mentre già era stato ripubblicato "Lungo la strada") sembra qui abbozzare addirittura una semplice teologia di popolo, nella persuasione che ci sia un senso profondo e misterioso per ogni frammento del reale, per ogni gesto, lavoro, dolore, letizia e sacrificio. E ancora: "Se tante cose mutano o scompaiono, rimanga il "˜ribattere' delle campane. Per chi sa ascoltarlo, è la musica sacra, più nostra perché comprende tutt le cascate, le vette, le stelle, e il supremo dolore, e la speranza".

Anna Gnesa, nata nel 1904, morta a 82 anni nel 1986, fu maestra elementare, poi laureata in letteratura italiana a Zurigo e docente di scuola maggiore in Ticino. Scrisse prose pulite intessute di sguardi e memorie, oggettività descrittive e soggettività interiori. Amò la sua Verzasca scrivendola. Appartata, la si ricorda camminare solitaria nella campagna e talvolta stava con un libro, un taccuino e una penna per ore seduta sul sasso di un fiume a leggere, scrivere, fumare"… Meno nota e celebrata di Giuseppe Zoppi, fu la sua epigone al femminile e non gli fu da meno (anzi, per certi versi fu più profonda). Il suo ambito fu circoscritto al quieto naturalismo memorialistico locale: ma la lettura di questo libro (e anche dell'altro) rivela almeno un doppio registr innanzitutto quello di un affetto non sentimentalistico ma appassionato, quasi mistico alla propria terra (uomini, fatiche, natura, animali, cose). Vivido, per esempio, il racconto dedicato alla "anda Lüzia" (zia Lucia) e alle sue sorelle, autentico ritratto di un mondo di fatica in dissolvenza, colto in una commossa elegia fino al focolare spento per sempre. E poi c'è la pulizia curata della scrittura. Leggendo e rileggendo taluni assaggi ci si sorprende di fronte a una sobria musicalità, a un lirismo nascosto che traspare adagio. Un solo esempi "Settembre, mese ambrato, è più settembre ancora in quest'ora verso il calar del sole, in cui la luce radente fa lunghe le ombre negli alti maggenghi". Intanto la frase inizia con due perfetti settenari ("Settembre, mese ambrato/ è più settembre ancora"). E poi le assonanze:" -embre, -ambra - embre" e "ancora in quest'ora""…Provate a rileggere bene: piccoli versi nascosti come perle nella prosa.