Circolo dei Libri

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05aprile
2024

Paul Auster

Einaudi

A 77 anni, seriamente malato ma lucidissimo nella scrittura e nel pensiero che lo ispira, Paul Auster ci offre il suo ultimo romanzo in cui la malinconia riesce a convivere con un non enfatico né esultante ma discreto o sommesso attaccamento ai minimi miracoli della vita. Niente di autobigrafico, in questo libro, per carità: perché se Paul Auster è ben sposato con la scrittrice Siri Hustvedt (che della malattia del marito dà notizie sobrie attraverso i social-media che lui detesta e non usa), il professor Seymour Baumgartner, protagonista del romanzo, insegnante universitario di filosofia alle soglie della pensione, è vedovo da dieci anni e vive nel mondo della solitudine e ella nostalgia la perdita della cara moglie Anna, poeta sensibile e donna di temperamento. Anna era morta in acqua, al mare, travolta da un’onda anomala che l’aveva investita quando, a differenza del marito, aveva voluto tornare caparbiamente a bagnarsi. Baumgartner pensa a quello scarto atroce fra destini ma fa anche una riflessione: “Se non fosse tornata in acqua sarebbe ancora viva, ma non saremmo stati insieme per più di trent’anni se per esempio avessi provato a impedirle di entrare in acqua quando voleva”. Anna manca moltissimo a Baumgartner: “mi manca, tutto qui. Era l’unica persona al mondo che io abbia mai amato, e ora devo trovare un modo per continuare a vivere senza di lei”. Il professore sente il grande vuoto lasciato dalla morte della moglie ma lui non vuole morire, vuole vivere. Vuole vivere per i suoi amati libri, gli studi, le lezioni, lo stesso quotidiano miracolo dell’esistenza. Ma vuole anche vivere perché se morisse pure lui allora anche Anna morirebbe davvero del tutto e per sempre: “Il vivo può mantenere il morto in una specie di limbo provvisorio tra la vita e la non vita. Ma quando muore anche il vivo, allora è la fine, e la coscienza del morto si spegne per sempre”. Baumgartner escogita anche i suoi piccoli trucchi per intercettare i succhi della vita: per esempio ordina in grande quantità due o tre volte per settimana dei libri scelti on-line che non leggerà mai soltanto per ricevere sulla porta di casa Molly, la fattorina nera dell’agenzia UPS di consegna, la quale in qualche modo lo fa pensare alla sua perduta moglie: forse per la sua “radiosa attenzione”, la sua “personalità luminosa”. Gli piace conversare un po’ con lei. Il professore dissoda intanto il terreno delle carte ben riposte e mai scrutate lasciate dalla moglie, scoprendo altre poesie, prose e testi stupefacenti: Anna era davvero una scrittrice forte e il vedovo sente l’imperio di conservarne la traccia come un custode amoroso e ammirato. Nel frattempo Baumgartner corteggia una donna che non gli dispiace e lui non dispiace a lei, perché la natura umana vuole vita, si sa. Ma i premi di consolazione, nella vita sentimentale, valgono poco. Infine si profila all’orizzonte una studentessa, interessata come ricercatrice proprio all’opera della moglie di Baumgartner, e dunque ecco che la ragazza diventa una specie di femminilità rediviva (perlomeno da percepire nei dintorni) e al tempo stesso di addetta al salvataggio della memoria di Anna. Baumgartner, con trepidazione e agitazione paterne, si sente benefattore e beneficato. Tuttavia il finale del romanzo, rapido, ambiguo, volutamente sospeso, lascia aperte molte piste. Forse, semplicemente, Auster vuole dirci che non siamo padroni del nostro destino e dietro l’angolo ci aspetta – non sappiamo come e quando – l’imponderabile. Scritto benissimo soprattutto nelle sue parti di nostalgia triste ma mai disperante, il libro si arruffa un poco nelle scoperta e nella trascrizione dei testi ritrovati della moglie, e ci spiazza nell’accelerazione stoppata del finale. Ma la razza d’autore di Paul Auster è sempre quella.