Circolo dei Libri

Per condividere con altri il gusto della lettura, che per principio è individuale ma poi può anche farsi compagnia.

22novembre
2025

Patrick Modiano

Einaudi

Patrick Modiano deve piacere. Se non piace, si dirà che è maniacalmente teso alla perlustrazione ossessiva della memoria di luoghi (solitamente una Parigi vera ma anche misteriosa) e di tempo (solitamente un passato soffuso, vago, perduto, ricercato solo a pezzi, nella vaghezza ambigua di ogni memoria remota). Se Modiano (fra l’altro premio Nobel per la letteratura nel 2014, insomma non un signor Nessuno) piace, allora il lettore diventa suo complice in tutte queste ricognizioni di memoria labile, in tutto questo rimpianto per il tempo che è passato per sempre e di cui restano reperti sparsi in una archeologia mnemonica i cui i ricordi sono macerie misteriose. Il monumento al tempo perduto è già stato eretto, nella letteratura francese, una volta per tutte, da Marcel Proust (voluttuosamente, superbamente, ossessivamente denso). Patrick Modiano non osa e nemmeno vuole sfiorare la maniacalità geniale di Proust. Egli costruisce invece in ogni suo breve romanzo un proprio personalissimo itinerario di ricognizione (di sostanza ma anche attentamente stilistico) per cercare tuttavia anche lui, se ci riesce, di fermare in qualche modo il tempo: “le temps perdu, le temps retrouvé”. In questa sua ultima fatica il premio Nobel francese evoca la figura misteriosa di una ballerina con cui l’io narrante ebbe, molti anni fa, un misterioso rapporto amoroso in una Parigi che oggi non c’è più, invasa com’è da masse errabonde e chiassose in un formicaio di turisti dagli sguardi pianificati e confezionati. Sono passati molti anni, la ballerina è scomparsa da qualche parte e da molto tempo, l’io narrante ricorda che lei era la mamma single di un bimbo di nome Pierre e ricorda che lui quel bambino ogni tanto andava a prenderlo in qualche casa per portarlo dalla mamma in qualche altra casa. E poi, soprattutto, lui andava ad aspettare la ballerina (di danza classica) all’uscita del teatro dove si provavano gli spettacoli, e dopo i due camminavano a lungo dentro una Parigi vivida e profonda in un reticolo di emozioni amorose e di strade e piazze note, bistrot odorosi, appartamenti caldi, botteghe, gente, personaggi oggi sfuggiti. Ancora una volta Modiano crea la sua topografia di luoghi e di tempi, ancora una volta la storia del passato è sfumata, persa nella bruma di una memoria labile e sensitiva. I pochi testimoni di oggi sono reticenti e vaghi, l’aria, le luci e gli odori di Parigi sono cambiati, la ballerina (amata, fuggita?) è stata risucchiata in un passato di cui chi scrive ha la struggente nostalgia che si può avere per una quasi felicità perduta, oppure soltanto per la giovinezza. Chi si ritrova un po’ in una sensazione come questa narrata da Modiano si godrà il romanzo, che chiude il sipario lasciando aperto il mistero. E quel lettore complice si munirà forse persino di una cartina di Parigi per seguire i percorsi e farà capo anche alla propria memoria visiva della città, se ce l’ha, o ripromettendosi di andare sul posto a inseguire il fantasma di un uomo che sta inseguendo il fantasma di una ballerina. Chi invece non bada a queste cose, un po’ forse si annoierà…