Circolo dei Libri

Per condividere con altri il gusto della lettura, che per principio è individuale ma poi può anche farsi compagnia.

18marzo
2023

Philip Roth, “Goodbye, Columbus”, Einaudi

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News

Circoli di lettura: programma primavera 2023

23dicembre
2022

CIRCOLI DI LETTURA INVERNO-PRIMAVERA 2023

Lunedì 6 e martedì 7 febbraio 2023 a Bellinzona e Lugano:
Carlo Fruttero e Franco Lucentini (Fruttero&Lucentini”), “L’amante senza fissa dimora”, Mondadori.

Mercoledì 29 marzo 2023, ore 19.00: incontro per tutti a Bellinzona su: Anton Cechov, “Il gabbiano” (teatro) assisteremo poi (vale per tutti i circoli di lettura), al Teatro Sociale di Bellinzona, alle ore 20.45, allo spettacolo “Il gabbiano”, di Anton Cechov, con la compagnia teatrale Leonardo Lidi, in collaborazione con il Festival dei Due Mondi di Spoleto.

Lunedì 3 e martedì 4 aprile, a Bellinzona e Lugano: 2 romanzi molto brevi (o racconti lunghi)
Philip Roth, “Goodbye, Columbus”, Einaudi (lavoreremo sul primo racconto-romanzo, che ha quel titolo, tralasciando gli altri racconti contenuti nel volume) e
Maeve Brennan, “La visitatrice”, Rizzoli

Lunedì 8 e martedì 9 maggio, a Bellinzona e Lugano 1 e 2:
Francis Scott Fitzgerald, "Belli e dannati", Feltrinelli

Per iscrizioni e informazioni:
info@circolodeilibri.ch
079 456 44 87

Novità da leggere

Infanzia e bestiario

17febbraio
2023

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Novità da leggere

Avere tutto

13gennaio
2023

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Novità da leggere

Perdonami madre

09dicembre
2022

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Novità da leggere

La vedova

25novembre
2022

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Novità da leggere

L’amore in un clima freddo

11novembre
2022

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Novità da leggere

Andarsene

28ottobre
2022

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Novità da leggere

Rincorrendo l’amore

14ottobre
2022

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Novità da leggere

La treccia alla francese

30settembre
2022

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Novità da leggere

A una voce

09settembre
2022

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Novità da leggere

Serge

01luglio
2022

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Novità da leggere

Le malorose (Confidenze di una levatrice)

17giugno
2022

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Novità da leggere

L'ultimo movimento

03giugno
2022

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Novità da leggere

La sera sulle case

07maggio
2022

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Novità da leggere

Il rovescio dell’abito

22aprile
2022

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Novità da leggere

Dell'anima non mi importa

08aprile
2022

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Novità da leggere

Settimana nera

11marzo
2022

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Novità da leggere

La figlia unica

26febbraio
2022

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Blog

I libri oppongono resistenza

12marzo
2023

Disfarsi di un po' di libri considerati superati o poco utili? Gettarli, darli via ad associazioni, biblioteche volontaristiche, cabine telefoniche riciclate? La volontà ci sarebbe, quando crescono anni nel tempo e libri negli scaffali, ma poi la cosa è tutt'altro che facile. Ne sa qualcosa lo scrittore inglese Ian Mc Ewan il quale nel suo ultimo romanzo ("Lezioni", appena tradotto da Einaudi: ne parleremo) mette nell'animo del personaggio principale del libro una difficoltà che l'autore conosce molto bene:

"...Roland si decise a mettere in ordine gli scaffali strapieni di libri...Non è facile mettere ordine nei libri. Scegliere quali buttare via. I libri oppongono resistenza. Roland si piazzò accanto a uno scatolone per gli scartati da destinare ai negozi dell'usato. Un'ora dopo lo scatolone conteneva solo due guide turistiche tascabili non aggiornate. Il fatto è che certi volumi avevano dentro foglietti di carta o lettere che bisognava leggere prima di ricollocare il libro sullo scaffale. Su altri c'erano delle belle dediche. Molti erano vecchie conoscenze che non si poteva prendere in mano senza sentire l'impulso di aprirli e riassaggiarli, scorrendone la prima pagina o un'altra a caso. C'era un gruppetto di prime edizioni che esigevano un momento di ammirata attenzione..."

Insomma: uno si mette di buona lena ma poi perlopiù non ha cuore di tradire dei libri magari insignificanti ma che hanno avuto una silenziosa e fedele presenze nel cammino degli anni del loro proprietario. E poi se ti metti a riordinare libri rischi di tirare mezzanotte smarrendoti nella giungla dei ricordi e della curiosità. Uno smarrimento non spiacevole ma impegnativo.

Illustrazione: Carlo Spitzweg, "Il topo di biblioteca", 1850



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La vita che nasce

03febbraio
2023

“Nevicava. Una leggera, dolce neve senza vento, con un grande, pacifico silenzio che avvolgeva tutta la terra. Camminò e accelerò il passo fin quasi a correre ininterrotto, leggero e allegro nel cuore anche se un poco turbato… Il cavallo affrontò con impeto la salita mandando vapore dalle froge. La slitta scivolava nella luminosità di quel mattino del 31 dicembre e quando si fermarono davanti alla casa con il ramo di abete sopra l’uscio, sentirono il pianto di chi nasce”.

Mario Rigoni Stern, “L’anno della vittoria” (Einaudi), 1985 (anche in: Mario Rigoni Stern, "Trilogia dell'altipiano", Einaudi)

Illustrazione: Varlin (1900-1977), Paesaggio invernale a Bondo, Bregaglia


Il romanzo si situa subito dopo la fine della prima guerra mondiale e racconta una vittoria: non quella dei generali (dolorosamente scontata fra l’altro dalla povera gente) ma quella della ricostruzione della vita sulle macerie di una montagna bombardata, rovinata, ferita. Il romanzo è la storia del ragazzo Matteo e della sua famiglia, profuga ai piedi delle proprie colline d’altura quando queste sono dilaniate dalle bombe e dai combattimenti. Il ritorno al villaggio è doloroso, davanti a rovine, case distrutte, memorie violentate. Ma fra le macerie della sua casa Matteo ritrova una bambola di pezza e il mestolo per attingere l’acqua: due segni di una possibile rinascita nell’umiltà delle cose. La vita che rinasce è punteggiata di dolori e malinconia, ma anche di avvisaglie di gioia e di letizia interiori che a fatica si rifanno strada. Fra il gelo delle disgrazie, dei lutti, delle ferite dell’anima, balena la luce tremula della speranza. Dopo un Natale con il pianto nel cuore, lontani da casa, giunge un Natale ancora precario ma sotto il proprio tetto, con la Messa di mezzanotte e, all’osteria, la cioccolata fumante e i trepidi saluti. E poi, riecco la vita, in un’alba di San Silvestro piena di fiocchi e di odore di pane nuovo. Matteo è stato mandato dal papà con la slitta e il cavallo a chiamare il medico perché la mamma, incinta all’ultimo mese, ha le doglie. Si affrettano nella neve alta, lui e il dottore, verso casa. E quando sono quasi arrivati, dentro la pace silenziosa dei fiocchi odono il suono del miracolo che si ripete, quello del “pianto di chi nasce”. La vita.

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Come leggere?....

20gennaio
2023

"Dopo il piacere di possedere libri, nessun altro eguaglia quello di parlarne" (Charles Nodier, 1780-1844). Noi del Circolo dei libri siamo abbastanza d'accordo con lui, vero? Questa sua frase la trovo in epigrafe di un colto e delizioso volumetto edito e tradotto da Sellerio, opera di un bibliofilo, Jacques Bonnet, 74enne francese, editore, scrittore e traduttore: "I fantasmi delle biblioteche". Lì dentro c'è di tutto. Peschiamo a caso:

"Come e dove leggere?. Dovunque e in qualunque posizione. Ben lontano, in ogni caso, dalle raffinatezze di Guarino che, come riferisce Anthony Grafton, 'amava leggere in barca, col libro posato sulle ginocchia, così da poter gustare nello stesso tempo il piacere del testo e lo spettacolo dei campi e dei vigneti visti dall'acqua'. Leggo seduto, in piedi e anche mentre cammino, perché no? Ma l'ideale è leggere sdraiato: è come se quella posizione permettesse al testo di entrarmi dentro più facilmente. La lettura ha abbreviato i viaggi più interminabili, ha fatto sì che non mi accorgessi delle ore di attesa negli aeroporti e che sopportassi per decenni le riunioni lunghissime e inutili alle quali non potevo sottrarmi...". Che bel tipo, questo.

Immagine: Vilhelm Hammershoi (1864-1916)

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Capodanno con Leopardi

31dicembre
2022

Per Capodanno, facciamo un passo indietro e torniamo alle riflessioni sul passaggio da un anno all'altro di Giacomo Leopardi (1798-1837). Con lui andiamo sul sicuro. Nel suo "Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggere" (in "Operette morali") Leopardi si sofferma sui propositi (e le illusioni) di ogni cambio d’anno: all'ottimismo del "passeggere" sul futuro risponde la cauta, quasi scettica speranza del venditore. Il Circolo dei libri, al termine di un anno difficile e all'alba di quello nuovo, vi presenta una sintesi e una riflessione su questi pensieri di Leopardi, che non fu soltanto grandissimo poeta ma anche un prosatore di altissimo intelletto.

“Almanacchi! Almanacchi nuovi! Lunari nuovi!”. E’ il grido che per Capodanno risuona all’angolo di una piazza in una città italiana non meglio precisata: lo va ripetendo un venditore di almanacchi per l’anno nuovo. La scena è raccontata da Giacomo Leopardi nel 1832 nel suo “Dialogo di un venditore di almanacchi e un passeggere”. Fra il “passeggere” (passante) e il venditore d’almanacchi si svolge un dialogo che sembra bonario e colloquiale ma gronda di dubbi filosofici ed evoca il desiderio di felicità che abita il cuore dell’uomo e che sembra non essere appagato mai del tutto. Le cose erano già così allora, le cose sono ancora così oggi. A ogni passaggio d’anno ci nutriamo di buoni propositi (che non manterremo quasi mai), facciamo qualche rapido bilancio (luci, ombre, ammaccature) ma soprattutto affidiamo all’anno nuovo la speranza (auguri, auguri!) che finalmente accada il bello e il buono (e se possibile il giusto) che nel profondo desideriamo. Lo sapeva bene Leopardi, il quale con il suo amaro pessimismo metafisico (che abita la sua grande opera poetica ma anche la sua prosa) conosceva questa rinnovata illusione che il bene finalmente arrivi davvero, con l’anno nuovo. Dunque, con il pretesto del lunario (almanacco) dell’anno che arriva, il passante interroga il venditore e gli chiede se lui desideri magari riavere, in quanto ad appagamenti e bene, qualche anno passato oppure se egli punti su quello nuovo. Il venditore ci pensa un po’ e dice che no, non vorrebbe riavere nessun anno. Entro nel vivo del dialogo di Leopardi:

Passante: Oh che vita vorreste voi dunque?
Venditore: Vorrei una vita così, come Dio me la mandasse, senz'altri patti.
Passante: Una vita a caso, e non saperne altro avanti, come non si sa dell'anno nuovo?
Venditore: Appunto.
Passante: Così vorrei ancor io se avessi a rivivere, e così tutti. Ma questo è segno che il caso, fino a tutto quest'anno, ha trattato tutti male. E si vede chiaro che ciascuno è d'opinione che sia stato più o di più peso il male che gli è toccato, che il bene; se a patto di riavere la vita di prima, con tutto il suo bene e il suo male, nessuno vorrebbe rinascere. Quella vita ch'è una cosa bella, non è la vita che si conosce, ma quella che non si conosce; non la vita passata, ma la futura. Coll'anno nuovo, il caso incomincerà a trattar bene voi e me e tutti gli altri, e si principierà la vita felice. Non è vero?
Venditore: Speriamo”

Il passante acquista un almanacco e se ne va, il venditore riprende a gridare “almanacchi, almanacchi nuovi, lunari nuovi!” Resta nell’aria la persuasione del passante, il quale ha osservato che la felicità alla fine consiste nell’attesa di qualcosa che non si conosce, nella speranza in un futuro diverso e migliore rispetto al passato e al presente. Giacomo Leopardi, che toccava spesso il tasto delle speranze disilluse e delle vanità polverizzate, altre volte aveva sostenuto che la felicità non è tanto legata a qualcosa di reale che stiamo vivendo ora o che già abbiamo vissuto ma sta piuttosto nell’attesa, nella speranza di qualcosa di bello che ci immaginiamo ci possa accadere. Nel 1827, cinque anni prima di inventare il suo dialogo fra il venditore di almanacchi e il passante, ecco per esempio cosa scriveva nello “Zibaldone”: “Nella vita che abbiamo sperimentata e che conosciamo con certezza, tutti abbiamo provato più male che bene; e se noi ci contentiamo ed anche desideriamo di vivere ancora, ciò non è che per l'ignoranza del futuro, e per una illusione della speranza, senza la quale illusione o ignoranza non vorremmo più vivere, come noi non vorremmo rivivere nel modo che siamo vissuti”. Questa amarezza pessimista sembra però, nel “Dialogo” di cui ho tratto un assaggio, stemperata proprio dalla risposta finale dell’umile, concreto venditore di almanacchi il quale, sentito il passante cliente affermare che l’anno venturo porterà finalmente il bene che aspettiamo, si limita a una sola, cauta parola: “Speriamo”. Quello “speriamo” risuoni come un sobrio augurio ai lettori del Circolo dei libri per l’anno appena cominciato.

Michele Fazioli

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